Paola Berbeglia*
Il 2015 sarà l’anno europeo per lo Sviluppo. Dobbiamo valorizzare questa opportunità, e cambiare e praticare un nuovo concetto di Sviluppo. Cominciando dall’affrontare la povertà qui da noi, in Italia, e in Europa, e poi ancora nel mondo. In modo unitario, globale. Cercando di essere protagonisti nel cambiamento.
Ciò può accadere cominciando a realizzare cambiamenti locali che hanno importanti conseguenze per la giustizia globale. E per questo illustriamo un’esperienza, quella del Comune di Bologna, una buona pratica significativa per il cambiamento locale, presentata durante il Seminario Internazionale “Local Changes for Global Justice – EYD 2105”, svoltosi a Roma di recente, con la partecipazione di rappresentanti di 28 paesi europei, e organizzato dal CIPSI, Concord Italia, progetto DEEEP del DARE – Development Awarness Raising and Education Forum, in collaborazione con Regione Lazio e Cooperazione Lazio.
Alcuni materiali dell’evento
- Italian priorities
- Berbeglia – Challenging the crisis
- EYD concord meeting
- Civil Society and the EYD2015
Il comune di Bologna ha creato un istituto per l’inclusione. È un’esperienza unica, nel senso che è l’unica città italiana ad averlo fatto. Nato nel 2007, poco prima dell’inizio della crisi economica, per essere un punto di riferimento di soggetti della società civile presenti sul territorio, connessi al Comune, come scuole, istituzioni culturali, privati, per riflettere sull’inclusione sociale e creare una visione comune, fare sperimentazioni e azioni coordinate. Non si tratta di inclusione intesa esclusivamente come fornire servizi a persone che vivono un disagio conclamato, bensì dipende dalla considerazione che la crisi riguarda gruppi che non sono abituati a percepire se stessi a rischio di esclusione e di povertà. Sono stati coinvolti giovani tra i 15 e i 39 anni. Perchè i livelli di disoccupazione giovanile sono altissimi, e questo crea una frattura tra le generazioni, con conseguente difficoltà di tenuta del modello sociale. C’è l’urgenza di ripensare a visione alternative. E oltre ai giovani riguarda anche gli immigrati, che sono il 25 per cento degli abitanti a Bologna. C’è un oggettivo rischio di tenuta del sistema complessivo.
Quali sono le iniziative dell’istituto? Risponde Anna Lucia Colleo, vice presidente dell’Istituzione: “Un osservatorio per raccogliere dati e informazioni su disagio e povertà. L’essere di supporto alla definizione delle politiche di governo sul tema delle azioni tese a favorire il percorso di inclusione sociale. E ancora: ricercare forme di collaborazione con l’Università e con altri organismi di studio e ricerca per definire i confini delle ‘nuove povertà’ o delle categorie a rischio di ‘scivolare nella povertà assistita’. Con uno stile che da impulso all’innovazione degli interventi sociali attraverso progetti sperimentali, e alla estensione di buone pratiche esistenti nazionali e/o internazionali. Avviando forme di comunicazione tra i quartieri, con le altre Istituzioni, con il privato sociale e con la cittadinanza”.
Questa istituzione per l’inclusione oggi fa parte del piano strategico dell’amministrazione comunale di Bologna, come soggetto trasversale che dialoga con i rappresentanti economici, le associazioni, le istituzioni. Il mondo in cui ci troviamo a vivere va verso una crescente interdipendenza, tra le comunità locali, e i flussi che collegano il locale con il mondo. Dipende dalla capacità della società civile e dei giovani di utilizzare competenze linguistiche, esperienziali, culturali, sulla propria pelle, per diventare capaci di interagire positivamente. Un vero modello innovativo.
Per realizzare questi obiettivi a livello nazionale e internazionale dobbiamo soprattutto fare Rete tra ong, movimenti sociali, istituzioni e altri soggetti attivi nella società civile, che hanno il cuore il futuro delle persone e del pianeta. In questo l’Italia è un modello esemplare, poiché composto di tante soggettività, che collaborano in Rete, che si intrecciano fra di loro nel realizzare azioni di cittadinanza globale.
Solo così il 2015, anno europeo per lo Sviluppo, non passerà inosservato. E la politica potrà tutelare i diritti umani e i i beni comuni, partendo dal locale, dalle comunità, dalle città, dalle istituzioni locali. Per un nuovo sviluppo che produca crescita, uguaglianza, solidarietà, giustizia globale.
*Paola Berbeglia, vicepresidente del Cipsi.