Il 2015 sarà l’Anno europeo per lo Sviluppo. Ci troviamo in una situazione molto preoccupante: la situazione sociale è caratterizzata da una crisi economica spaventosa e mai vista. Secondo i dati Istat in Italia ci sono un totale di 16 milioni di persone in povertà assoluta e relativa. In Europa sono 126 milioni. Nel mondo sono miliardi, e le disuguaglianze crescono aumentano sempre di più.
Di fronte a questa situazione l’Anno europeo per lo Sviluppo assume un particolare significato. Dobbiamo valorizzare questa opportunità, e cambiare e praticare un nuovo concetto di sviluppo. Cominciando dall’affrontare la povertà qui da noi, in Italia, e in Europa, e poi ancora nel mondo – quella che si chiama cooperazione allo sviluppo. In modo unitario e globale, senza più differenza tra il locale, chi è vicino e chi è lontano. La geopolitica sta cambiando, e bisogna adeguarsi, essere protagonisti nel cambiamento. Occuparsi delle povertà in senso globale. Ciò può accadere cominciando a realizzare cambiamenti locali che hanno importanti conseguenze per la giustizia globale.
Di questo si è parlato durante il Seminario Internazionale “Local Changes for Global Justice – EYD 2105”, svoltosi a Roma di recente, con la partecipazione di rappresentanti di 28 paesi europei, e organizzato dal CIPSI, Concord Italia, progetto DEEP del DARE – Development Awarness Raising and Education Forum, in collaborazione con Regione Lazio e Cooperazione Lazio.
Affinché il 2015, Anno europeo per lo Sviluppo, non passi inosservato, come tante altre giornate mondiali celebrate negli anni, è indispensabile raggiungere alcuni obiettivi. Innanzitutto costruire un percorso e i contenuti per contribuire ad una nuova Agenda Globale per lo Sviluppo, che sarà decisa nel 2015, e che deve vedere il coinvolgimento di tutti i popoli e tutti i paesi, secondo il criterio delle “comuni ma differenziate responsabilità”, integrando molteplici dimensioni: economica, sociale, ambientale, secondo il criterio della solidarietà “con” gli altri, in uno stile di condivisione, ponendo grande attenzione al fenomeno del secolo, le migrazioni. I migranti scappano dai loro Paesi per guerre o per fame. Noi abbiamo il dovere morale e politico di accoglierli, e coinvolgerli come attori decisivi per lo sviluppo. Lavorando insieme, alla pari.
Vorremmo inoltre che l’Italia cogliesse l’opportunità dell’Anno Europeo per lo Sviluppo per elaborare una strategia e un Piano nazionale per l’educazione alla cittadinanza mondiale come hanno già fatto molti paesi europei.
Per realizzare questi obiettivi dobbiamo sfidare la crisi economica, valorizzare il protagonismo giovanile e l’educazione. Ma soprattutto fare rete tra ong, movimenti sociali, istituzioni e altri soggetti attivi nella società civile, che hanno il cuore il futuro delle persone e del pianeta. In questo l’Italia è un modello esemplare, poiché composto di tante soggettività, che collaborano in Rete, che si intrecciano fra di loro nel realizzare azioni di cittadinanza globale.
La politica, a sua volta, dovrebbe in questo senso tutelare i diritti umani e i beni comuni, partendo dal locale, dalle comunità, dalle città, dalle istituzioni locali. Per un nuovo sviluppo che produca crescita, uguaglianza, solidarietà, bien-vivir.
*vicepresidente Cipsi