La presidenza del semestre italiano si avvia nei prossimi giorni alla sua conclusione ed è possibile quindi fare una prima valutazione sugli esiti di questa esperienza per quanto riguarda le questioni della cooperazione e dello sviluppo, sulla base delle “conclusioni”, indicate in agenda dall’Italia e approvate dal Consiglio dei ministri dello sviluppo europei e dal Consiglio Affari Generali nei giorni scorsi.
Tre i temi indicati dall’Italia come prioritari: la definizione di una posizione europea rispetto al processo per una nuova agenda per lo sviluppo nel 2015; il rapporto tra migrazioni e sviluppo; il ruolo degli attori privati nello sviluppo.
Post 2015
Il tema più rilevante e denso di conseguenze per il futuro dello sviluppo riguarda la nuova agenda globale e l’assunzione di una posizione europea unitaria alla vigilia del round negoziale finale che a settembre porterà la comunità internazionale a dotarsi della una nuova agenda per lo sviluppo dopo gli Obiettivi del Millennio.
Da sottolineare prima di tutto che l’Europa è riuscita a produrre una posizione comune e quindi a parlare, proporre una posizione con “unica voce”. È un risultato non certo scontato e sicuramente rilevante dal punto di vista politico.
Nelle conclusioni vengono ribaditi alcuni principi essenziali che dovrebbero garantire il carattere universale e “trasformativo” della nuova agenda. Il riferimento ai tre pilastri fondamentali, economici, sociali e ambientali per garantire un’agenda e un meccanismo di lavoro capace di integrare lotta alla povertà e obiettivi di sostenibilità. Il tutto, in un quadro che finalmente assume il criterio delle responsabilità “comuni anche se differenziate” per tutti i paesi.
Per la prima volta viene affermato che sulla base dell’universalità l’Europa e i suoi stati riconoscono la necessità di impegni che leghino coerentemente non solo le politiche esterne, ma anche le politiche interne, a partire da una rinnovata strategia continentale per lo sviluppo sostenibile.
Le cause strutturali della povertà sono individuate nell’ineguaglianza, nel cambiamento climatico e nel degrado ambientale. Viene sottolineato il riferimento al nesso tra sostenibilità ambientale ed economia, tenendo conto dei limiti delle risorse per indicare una transizione verso una “prosperità sostenibile”. Si ribadisce la necessità non solo di una riflessione per andare “oltre il PIL”, partendo dalla individuazione di nuovi indicatori per misurare il raggiungimento degli obiettivi proposti dalla stessa agenda.
Un punto debole invece riguarda le risorse per l’APS nei prossimi anni, nel momento in cui lo 0,7 viene ancora menzionato, ma non è più legato ad un percorso dotato di scadenze precise.
Migrazioni e Sviluppo
Avere inserito questo tema nelle agende europee forse è il successo più significativo del semestre e del Governo italiano, a cui crediamo come società civile di avere in parte contribuito. Con il documento di conclusioni si è dato un contributo affinché il tema migrazioni, pur limitato al nesso con lo sviluppo, sia inserito nel dibattito dei prossimi semestri. Le Conclusioni contengono inoltre data l’indicazione di una specifica comunicazione entro il 2015, focalizzata sugli strumenti e i meccanismi per realizzare una politica coerente che consideri la migrazione e i migranti non solo come emergenza, o peggio come problema di sicurezza, ma come potenziali attori di sviluppo, capaci potenzialmente di incidere sui paesi di origine ma anche di destinazione.
Accanto alle luci permangono però delle ombre. Nella percezione di molti paesi le migrazioni non sono una sfida politica che riguarda il continente, ma un problema che riguarda alcuni stati sud europei. Si sconta il limite di un approccio contraddittorio che agisce per compartimenti stagni. Ad esempio le politiche interne sono ancora competenza nazionale di controllo e sicurezza delle frontiere ed entrano in conflitto con un approccio e una strategia comune efficace, perché coordinate e coerente.
Attori privati nella cooperazione
Un tema anche questo ad alta sensibilità nel quadro del semestre, da maneggiare con grande cura e affrontato sulla base di una prima “comunicazione” della Commissione Europea dello scorso giugno.
Fuori da pregiudizi è certamente necessario porre alcune domande e anche alcune condizioni. Non si tratta di valutare la centralità del ruolo degli attori privati nella crescita e nello sviluppo: il ruolo del settore provato è essenziale per qualsiasi politica di lotta alla povertà, ma di considerare il ruolo delle imprese profit nella componente dell’Aiuto Pubblico. Ci chiediamo in prima battuta se sia quindi assolutamente necessario questo intervento su una piccola parte di queste risorse (meno dello 0,40 a livello globale) finalizzate al perseguimento di obiettivi essenziali come la salute, l’istruzione o la sicurezza alimentare.
Sulla base delle Conclusioni è certamente positivo che si riconduca il ruolo del privato profit all’obiettivo dello sradicamento della povertà, ma a condizione – a nostro avviso – che siano privilegiate soprattutto le micro e piccole imprese del privato locale, i sistemi cooperativi le varie forme del privato sociale che sono in molti paesi partner attori economici rilevanti.
Infine, se si vorranno coinvolgere anche le imprese profit non solo locali, ma anche europee nell’uso di queste risorse, è necessario che le regole siano stringenti. Deve essere garantito il pieno rispetto delle regole internazionali ONU, OCSE, ILO sui diritti umani, il lavoro dignitoso, le clausole ambientali e non come opzione volontaria di responsabilità sociale ma nel quadro di obbligazione legale da monitorare e sanzionare se vengono violate le regole sottoscritte.
Il dibattito e l’iniziativa su questi temi per noi prioritari su questi temi continuerà anche al di là del semestre e si incrocerà con gli appuntamenti del 2015, a partire da Expo e dall’Anno Europeo per lo Sviluppo che inizia dal primo gennaio 2015.
Francesco Petrelli – Portavoce di Concord Italia